Attualità e Politica
30/07/2025 | 08:30
30/07/2025 | 08:30
ROMA – Il decreto Dignità, che proibisce dal 2018 qualunque forma di pubblicità del gioco d’azzardo, finisce davanti alla Corte Costituzionale perché potrebbe violare alcuni principi della Carta fondamentale. Il Tar del Lazio, Sezione Quarta, ha deciso di sospendere il giudizio in corso e di rimandare alla Consulta la decisione in merito al ricorso presentato da uno youtuber 28enne, sanzionato dall’Agcom con una multa pari a 157mila euro a causa di alcuni video pubblicati su YouTube e Twitch, ritenuti promozionali verso siti di gioco online. Il caso in questione fa riferimento alla legittimità della sanzione minima da 50mila euro prevista dal Decreto Dignità per chi fa pubblicità – anche indiretta – al gioco.
La decisione del Tribunale scaturisce dall'analisi dell’articolo 9 del Decreto, che vieta qualsiasi forma di pubblicità relativa al gioco, prevedendo sanzioni che non possono essere inferiori a 50mila euro, anche in casi di violazioni minime. Proprio questa rigidità ha portato il Tar a interrogarsi sulla proporzionalità della pena: il giovane multato, infatti, non ha tratto reali profitti dalle attività contestate (meno di 1.000 euro), lavora come aiuto magazziniere con uno stipendio di circa 1.300 euro mensili e i video pubblicati, oggetto della sanzione, hanno ottenuto pochissime visualizzazioni su YouTube. "Una sanzione di tale entità, pari a 157mila euro, risulterebbe inevitabilmente insostenibile rispetto alla sua capacità economica, finendo per assorbire interamente, e per molti anni, le sue risorse future. Ciò comporterebbe una compromissione concreta e duratura delle sue possibilità di crescita personale, sviluppo professionale e inclusione sociale, ponendolo in una condizione di grave e persistente difficoltà finanziaria", si legge nell'ordinanza.
Di fronte a questa situazione, il Tar ha ritenuto che la norma così com’è scritta potrebbe violare diversi principi costituzionali, tra cui il principio di uguaglianza, il diritto di proprietà e il principio di proporzionalità, richiamando anche le tutele previste a livello europeo. La soglia fissa di 50mila euro non lascia margini di valutazione né all’Autorità né al giudice e può portare a sanzioni sproporzionate rispetto alla reale gravità del fatto, finendo per colpire in modo eccessivo anche chi ha avuto un comportamento marginale o isolato.
Per questi motivi, il Tar ha deciso di sospendere il procedimento, in attesa della pronuncia della Corte Costituzionale, alla quale è stato trasmesso il fascicolo.
FP/Agipro
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