Attualità e Politica
21/09/2017 | 13:10
21/09/2017 | 13:10
ROMA – Ridurre i punti di gioco a partire da quelli più vicini ai “luoghi sensibili” e ragionare su dati certi per comprendere al meglio quale sarà l’effetto del riordino del settore sul sistema occupazionale. Questi alcuni dei temi caldi su cui concentrarsi quando arriverà il decreto del Mef che recepisce il recente accordo tra Governo ed Enti Locali sul riordino del settore. Lo ha spiegato ad Agipronews l'assessore regionale al Territorio della Lombardia, Viviana Beccalossi, impegnata in prima linea, negli ultimi mesi, nel dibattito sul riordino.
Assessore Beccalossi, è soddisfatta dell'accordo siglato con il Governo in Conferenza Unificata?
«Sono soddisfatta nella misura in cui, dopo un “braccio di ferro” durato mesi, l’intesa è stata raggiunta sulla base di un principio per noi di primaria importanza. Parlo del principio secondo il quale resteranno valide le leggi regionali approvate in questi anni e della possibilità per gli enti locali di prevedere maggiori forme di tutela rispetto alle norme nazionali».
Ora si aspetta qualche "trappola" o un passo indietro da parte del Governo?
«Dopo mesi di trattative e un accordo sottoscritto solo pochi giorni fa è un’ipotesi a cui non voglio nemmeno pensare…»
Una volta che sarà pubblicato il decreto che recepisce l'intesa tra Governo ed enti locali, come si muoverà la Lombardia per ridurre l'offerta sul territorio?
«Prima di valutare qualunque azione aspettiamo di leggere nei dettagli il testo. Per quanto ci riguarda rimaniamo convinti che la riduzione dei punti di gioco debba partire da quelli più vicini ai cosiddetti luoghi sensibili».
Ridurre l'offerta inevitabilmente comporterà una contrazione per l'occupazione del settore giochi. In Lombardia esistono circa 13 mila locali, tra sale dedicate ed esercizi generalisti, che "vivono" di gioco e che rischiano di non sopravvivere. La Lombardia ha previsto delle iniziative per sostenere la filiera?
«Faremo tutte le valutazioni del caso. E’ necessario però ragionare su dati certi per comprendere quale davvero potrebbe essere l’effetto sul sistema occupazionale. A quel punto Regione Lombardia, per quanto di sua competenza, valuterà tutte le possibili azioni che vengono messe sul campo in questi casi, a prescindere dal settore».
Nonostante i provvedimenti adottati in questi ultimi anni dalla Regione, il numero dei giocatori patologici continua a crescere (nel 2013 erano circa 1.500, nel 2015 erano oltre 2.200). Come se lo spiega?
«Capisco che questi dati spesso vengano utilizzati come “provocazione”. Allora forse giova ripetere che non aumentano i malati, ma semplicemente emerge una situazione che è sempre stata ignorata, non fosse altro perché fino a prima dell’approvazione della nostra legge il “ludopatico” non era curabile come tale dalle strutture regionali. In poche parole il ludopatico esisteva nella vita di tutti i giorni ma non per le statistiche. Quindi su questo punto servirebbe a mio avviso maggiore onestà intellettuale da chi usa questi dati per dire che la nostra legge provoca l’aumento dei malati. Dirò di più: abbiamo finanziato decine progetti sul territorio e fatto una massiccia campagna di comunicazione per fare emergere il fenomeno. Sarei soddisfatta se nei prossimi anni i pazienti in cura aumentassero, perché vorrebbe dire che stiamo avendo successo nel far emergere situazioni di disagio spesso confinate tra le mura domestiche. Ma chiamiamoli con il loro nome: nuovi pazienti in cura, non nuovi malati».
Oltre allo strumento del distanziometro dai luoghi sensibili e ai limiti orari per il gioco, è necessario pensare a ulteriori restrizioni?
«Niente è in agenda fino a quando non si testeranno “sul campo” gli effetti del riordino nazionale».
SA/Agipro
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