Attualità e Politica
05/05/2017 | 17:57
05/05/2017 | 17:57
ROMA - La lotta al gioco patologico ha bisogno di un supporto scientifico di spessore, in mancanza del quale iniziative e prese di posizione risultano vulnerabili ed episodiche. Un problema che in questi mesi ha riguardato anche alcuni regolamenti degli enti locali in materia di giochi, bruscamente stoppati da Tar e Consiglio di Stato.
«Le ordinanze dei sindaci – sostiene Simona Neri (Anci Toscana e sindaco di Pergine Valdarno) - hanno un punto debole: teoricamente sono documenti anti-ludopatia, in pratica risultano carenti proprio sul piano delle relazioni scientifiche che dovrebbero supportare l'ordinanza. In Toscana abbiamo avuto i regolamenti di Firenze e Grosseto bocciati dal Tar proprio per lo scarso sostegno scientifico».
Al riguardo, è in preparazione, da parte dell'Istituto Superiore di Sanità un'indagine sul gioco patologico. Può essere un documento fondamentale per chiarire l'entità di un problema sociale su cui girano cifre incontrollate e spesso esagerate.
«Certamente si tratta di una iniziativa positiva. Ma nell'attesa noi ci siamo mossi con le Asl toscane, a cui abbiamo chiesto di produrre relazioni scientifiche, proprio per dare un supporto autorevole alle ordinanze anti-ludopatia».
L'Anci è un interlocutore determinante nella trattativa in piedi tra Governo ed enti locali. A livello regionale come vi state muovendo?
«Proprio in questo periodo abbiamo preparato una bozza di regolamento sui giochi e l'abbiamo distribuita ai comuni. Si tratta di una sorta di documento-guida che indica ulteriori luoghi sensibili da preservare, rispetto a quelli già contenuti nella legge regionale toscana. È peraltro una procedura legittimata proprio dalla legge, che consente espressamente ai sindaci di ampliare nelle loro ordinanze l'elenco dei luoghi sensibili».
Com'è la situazione nel Comune che lei amministra, Pergine Valdarno?
«Le do un dato eloquente: il volume di gioco annuo è pari al bilancio comunale, parliamo di oltre due milioni di euro. C'è gente che non può più nemmeno pagarsi le utenze ed è costretta a chiedere soldi al comune. Giusto che il comune si prenda cura anche di questi casi, ma a un patto: se vuole avere un contributo, il giocatore problematico deve sottoporsi a un percorso di cura nel SerT. Questo dovrebbe essere messo nero su bianco nelle ordinanze comunali».
Man mano che le leggi regionali anti-ludopatia trovano applicazione, gli amministratori locali si trovano davanti a un bivio: da un lato, l'obiettivo di regolamentare e talvolta ridurre il gioco sul territorio, dall'altro la tutela delle imprese che offrono gioco e dei posti di lavoro che garantiscono.
«Mi rendo conto, la soluzione è difficile, ma credo che sia essenzialmente un problema da risolvere a livello governativo, prendendo anche in esame processi di riconversione occupazionale. Noi, come amministratori locali, abbiamo altri problemi gravi, come il controllo del territorio rispetto alle infiltrazioni criminali di tipo anche mafioso. Negli anni passati, nel settore dei giochi c'è stata una liberalizzazione eccessiva, ora bisogna in qualche modo rimediare».
MF/Agipro
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