Attualità e Politica
16/07/2020 | 15:26
16/07/2020 | 15:26
ROMA - La tassa da 500 milioni per slot e vlt ha violato il principio del legittimo affidamento e di proporzionalità, senza sufficienti motivi di interesse pubblico, e merita un nuovo rinvio alla Corte Costituzionale, oltre che alla Corte di Giustizia Europea. È quanto hanno ribadito in Consiglio di Stato i legali dei concessionari. Il nuovo capitolo giudiziario in Quarta sezione - per il quale si attende una decisione nei prossimi due mesi - riporta in primo piano i ricorsi relativi all’addizionale extra per slot e vlt, prevista dalla legge di stabilità 2015, e già rinviata alla Corte Costituzionale dal Tar Lazio. Proprio la Consulta, nel 2018, aveva disposto la restituzione degli atti al Tar: secondo la Corte le modifiche apportate dalla legge di stabilità 2016, che hanno abrogato la norma optando per un inasprimento del preu, hanno cambiato i presupposti delle questioni di costituzionalità. Un intervento decisivo è arrivato anche sulle modalità di riscossione della tassa: il prelievo è cioè stato applicato a ciascun operatore della filiera (concessionario, gestore, esercente) in maniera proporzionale, e non più affidato a un’incerta rinegoziazione degli accordi contrattuali.
Secondo concessionari e gestori, però, non sono esauriti i motivi di costituzionalità. A ispirare la tassa non sono stati «motivi imperativi di interesse generale» come la lotta all’illegalità e la tutela dei consumatori; gli obiettivi di sicurezza pubblica sono assenti e non possono essere solo i motivi economici a giustificare l’addizionale. Il prelievo, inoltre, avrebbe «colpito selettivamente solo una tipologia di giochi», svantaggiandola in maniera irragionevole. Secondo l’Avvocatura di Stato, invece, la successiva legge di stabilità, che aveva abrogato la tassa, ha ridimensionato la situazione: la tassa, cioè, si è trasformata in un prelievo "una tantum" e l’onere è stato distribuito su tutta la filiera con un criterio. I ricorsi andrebbero dunque respinti per manifesta infondatezza.
Il pagamento della tassa era stato previsto in due fasi, ma in una situazione di totale incertezza sulla ripartizione dell’imposta tra gestori e concessionari. Furono questi ultimi a coprire in modo cospicuo la prima rata da 200 milioni, anticipando la somma dovuta dai gestori. I 300 milioni della seconda rata, però, non sono stati mai raggiunti, visto che all’appello mancano ancora 140 milioni di euro. LL/Agipro
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