Attualità e Politica
25/10/2023 | 13:30
25/10/2023 | 13:30
ROMA – Il divieto assoluto di pubblicità imposto dal Decreto Dignità ha reso difficile per il consumatore distinguere gioco legale e offerta illegale. Lo spiega ad Agipronews Andrea Alemanno, docente di economia e gestione delle imprese all'Università Bicocca di Milano e portavoce di Ipsos Italia, istituto specializzato in ricerche di mercato e sondaggi. Una fetta del gioco illegale – afferma - deriva “da una mancanza di conoscenza di quali siano i criteri per riconoscere il gioco legale da quello non legale. Il rischio grosso è quello di ridurre sempre più la possibilità di conoscere i canali di gioco legale. Questo rischio viene accentuato sempre più con il passaggio all'online, dov'è ancora più difficile capire la differenza tra gioco legale e illegale quando una persona non è informata”. Il Decreto Dignità, che ha vietato ogni forma di pubblicità dei siti di giochi e scommesse, ha introdotto questa misura con l'obiettivo di contrastare e ridurre i fenomeni di gioco patologico. Il problema è sorto poiché – sostiene Alemanno - “chi ha un rapporto patologico o che non è in completa padronanza con il bene, rischia di avere comportamenti non prevedibili, e quindi magari andare a cercare altre occasioni di gioco. Ad esempio, se venisse bandito l'alcool, una persona che lo consuma in maniera misurata ne farebbe a meno, mentre un alcolista cercherebbe di procurarselo”. Come mai il Decreto Dignità ha ottenuto un effetto inverso a quello sperato? “Non era sicuramente voluto - dice Alemanno. E' la conseguenza di una mancanza di conoscenza profonda di quelle che sono le dinamiche del gioco. Il divieto totale rischia infatti di non risolvere le questioni più problematiche”. La soluzione è quindi “andare verso una consapevolezza e avere strumenti di identificazione di chi è in difficoltà, operando con interventi mirati. L'approccio migliore sarebbe quello di virare verso un tipo di informazione con un sistema di autocontrollo, con norme molto chiare sulla tipologia di messaggi e un istituto di autodisciplina che possa fare un controllo preventivo alle comunicazioni prima che queste vadano in onda. In questo modo - afferma il portavoce di Ipsos - questo settore potrebbe avere uno spazio dove verificare le comunicazioni. Questo ridurrebbe il rischio di indurre a al gioco eccessivo. Io credo che una parte dei fondi spesi per fare comunicazioni vada dirottato su comunicazioni istituzionali sul gioco legale” - aggiunge poi Alemanno. Poi, sulla squalifica di Fagioli, arrivata a sette mesi lontano dal campo grazie al patteggiamento: “Non sono uno che ritiene che la condanna molto pesante sia la giusta soluzione. La cosa che mi stupisce, però, è che società e sponsor non abbiano preso una posizione molto chiara: sono loro a dover vigilare. Quel tipo di condanna sarebbe molto più efficace e preso più sul serio” - conclude.
GM/Agipro
Foto Credits Flickr Japanexperterna.se CC BY-SA 2.0
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